Martedì 29 aprile 2003 – ore 15 – piazza Roma:
Mi reco presso la sede di un noto Movimento Politico sperando di avere, anche dietro compenso, la lista dei candidati prima ancora della presentazione ufficiale. La porta è socchiusa e sembra non vi sia anima viva.
Apro lentamente e la sala mi si presenta piccola e spartana. E’ forte in me la sensazione come di uno entrato per sbaglio al Leoncavallo di Milano: le bandiere del ‘Che’ ovunque, qualche effigie di Mao e di Lenin, scritte sui muri inneggianti alla causa palestinese. Non pensavo proprio che le Federazioni di Sinistra imponessero tutte queste, diciamo, note di colore ai loro candidati-sindaci; capisco il dare segnali forti, ma francamente mi sembra un po’ eccessivo.
Ritorno al bar per un caffè e nel frattempo ne approfitto per dare un’occhiata al giornale. Passano alcuni minuti ed ecco che vengo interrotto nella sana lettura da un vociare che si fa sempre più intenso. Esco davanti al bar e noto un gruppo consistente di persone festanti come in una gita: i soliti francesi, mi dico, che hanno scelto Buccheri come una delle tappe nel loro tour della Sicilia. Ma qualche volto conosciuto fra di loro mi fa sovvenire, quasi d’istinto, un sospetto: non saranno mica i candidati del movimento ed i loro famigliari che vanno ad ufficializzare la lista come se stessero andando ad una scampagnata ?
Per un attimo, lo ammetto, mi sono vergognato persino di averlo pensato. E’ impossibile che potessero essere gli stessi che hanno per sede un luogo simile ad un Centro Sociale: non c’è una sola persona che indossi la keffiah, vestono tutti all’ultima o penultima moda e stanno di più a parlare al telefonino che fra di loro. Le macchine fotografiche e le video-camere, nelle mani sapienti degli addetti alla propaganda, locali o di importazione antonelliana, immortalano l’evento.
L’aria è di festa paesana sapientemente orchestrata da qualche abile regista, o forse, per meglio dire, da un grande vecchio, e mi ricorda terribilmente certe kermesse del nostro beneamato presidente del consiglio.
No. E’ impossibile che si tratti delle stesse persone.
Un tipo a me vicino, che sembra saperla un po’ più lunga degli altri, notato il mio sguardo smarrito e pieno di interrogativi, sottovoce mi sussurra:
|| La vera ossatura di quel gruppo è costituita dalla confraternita dei V.I.P. (Volontari per l’Inserimento dei Plebei - ndr), una associazione no-profit che favorisce il graduale avvicinamento, e quindi l’inserimento, negli ambienti che contano di chi ha avuto, per censo, la porta sbarrata. Sono degli emeriti….. mi aiuti a dire… ||
- Benefattori –
||Esatto. Benefattori. ||
Intanto noto che il gruppo si incammina festante per la via Vittorio Emanuele e quindi scompare alla mia vista.
Amo in cuor mio immaginare, nonostante tutto, che si tratti dei soliti turisti francesi che vanno a fotografare la Chiesa di S. Antonio e l’antistante nonché monumentale scalinata; ma, non essendone certo, per ogni evenienza mi faccio lasciare dal mio interlocutore l’indirizzo della confraternita.
Si. Devo ammettere pubblicamente un mio ancestrale desiderio: lasciare il mio status di Plebeo e diventare, non dico un Patrizio, ma quantomeno un Tribuno; naturalmente sperando che i corsi non siano a numero chiuso.
il cronista